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Gigi Pipe Via Rovera, 40 21026 Gavirate Oltrona al Lago (VA) tel/fax 0332 743015 e-mail: gigieandreapipe@libero.it Era appena nato Luigi “Gigi” Crugnola e non poteva sapere che nello stesso anno, il 1934 sarebbe nata quella fabbrica di pipe e affini che avrebbe accompagnato tutta la sua vita. Con atto costitutivo del 21 novembre 1934, infatti, nasceva la Società anonima Giorgio Ròvera. Un cognome “storico” in quella zona affacciata sul Lago di Varese, visto che più o meno dallo stesso ceppo famigliare erano sorte in quei primi ‘900 diverse manifatture di pipe, alcune delle quali ancora in attività. Il nome dell’azienda era destinato a rimanere una quarantina d’anni, ma in realtà Giorgio Ròvera lascia quasi subito ai due soci – Angelo e Adele Bianchi, zio e mamma di Luigi – la conduzione aziendale. Fin dai primi anni di vita la manifattura, che contava su una dozzina di dipendenti, punta (come quasi tutte le aziende piparie della zona) sulla lavorazione per conto terzi. Modelli classici, in produzione seriale un tanto alla dozzina, pronte ad essere marcate col nome del committente. L’azienda è solida e rispettata, anche se Angelo Bianchi come podestà di Gavirate non è molto amato. “Alla fine della guerra ha dovuto scappare in Svizzera – ricorda Luigi Crugnola -, ma sul lavoro è sempre stato moralmente integro e corretto nei confronti della concorrenza”. Produzione rigorosamente a cottimo, almeno fino alla fine degli anni ’50. Nel decennio successivo Luigi “Gigi” Crugnola ha la possibilità di frequentare una sorta di “università dei pipemaker”. Entrato giovanissimo in fabbrica, infatti, ha avuto modo di seguire, e imparare, tutte le lavorazioni della pipa nel suo periodo di maggiore fulgore. In quei primi anni ’60 la manifattura di Oltrona al Lago raggiunge i 160 dipendenti, con una produzione giornaliera di settemila pipe. I modelli, come tradizione vuole, sono quelli classici, nelle loro varianti più note, con una predilezione particolare alle fogge inglesi, come Sasieni. È lo stesso Angelo Bianchi ad ideare il “Consorzio italiano produttori pipe”, il primo tentativo di formare un “sindacato” di produttori volto a tutelare e salvaguardare la qualità della produzione italiana. “Mio zio riuscì a riunire tutte le principali firme della categoria, quando ancora non esisteva il made in Italy – racconta Luigi Crugnola -, e io stesso lo accompagnai ad Ascoli Piceno per siglare un accordo storico”. Storico quanto utopico, visto che l’accordo siglato al Jolly Hotel da tutti, il giorno dopo era già carta straccia. Nel 1961 Bianchi tenta una strada mai tentata da tutti i concorrenti del regno delle pipe del Varesotto: una segheria tutta sua. L’intuizione è fulminante e gli capita assistendo, durante una vacanza in Costa Azzurra, agli enormi smottamenti per la costruzione dell’autostrada. “Aveva notato tutta quella erica arborea estirpata per fare spazio al cantiere e l’aveva comprata in blocco – racconta Luigi -. Mi avvisò con una telefonata che sarebbero arrivati dei camion pieni di radica e della sua intenzione di aprire una segheria”. L’azienda si dota di una caldaia di 6 metri cubi e recluta segantini dalla Toscana e dalla Liguria. “Alla fine ne avevamo sette e fummo forse gli unici ad utilizzare, per la bollitura degli abbozzi, una caldaia, naturalmente in rame, alimentata dal vapore attraverso una serpentina interna immersa a contatto con gli abbozzi stessi, ma il primo anno fu un bagno di sangue”. Per inesperienza e precipitazione, mentre dalla Francia arrivava un autotreno di ciocchi alla settimana, a furia di tentativi un intero anno (e tutto il materiale reso inutilizzabile) venne buttato via. Alla fine Bianchi la spuntò e anche se non ebbe mai la soddisfazione di vendere le sue placche e sbozzati ai colleghi del Varesotto, paradossalmente riuscì a esportarla. Oltre, naturalmente, a soddisfare le esigenze della sua fabbrica. La produzione era al massimo quando il giovane Crugnola, che ormai conosceva tutte le fasi di lavorazione, convinse lo zio della necessità di conoscere la clientela, finora trattata solo per posta o tramite intermediari. Nel 1963, a bordo di una Dauphine AlfaRomeo dell’azienda (e accompagnato dalla moglie, con i costi della stessa a suo carico), Gigi attraversò tutta l’Europa staccando preziosi quanto cospicui ordinativi da tutti i distributori, dalla Norvegia alla Germania. La produzione resta rigorosamente classica, i modelli in
linea con le serie inglesi più prestigiose, e tale rimane dopo
il 1964, alla morte di Angelo Bianchi, fino al 1978 quando scompare
la mamma Adele, ultima dei soci fondatori. L’ultrasettantenne Gigi non si nasconde il destino che ha inghiottito tutte, o quasi, le manifatture piparie del Gaviratese, ma rivendica con orgoglio il fatto che il 97% delle sue pipe sia ancora venduto e apprezzato all’estero. Quello che non rivendica, ma che gli deve essere riconosciuto, è di essere iscritto come protagonista nella storia della pipa italiana.
Ezio Rocchi Balbi/Mpc Buletin/Ottobre 2007 |
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