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MPC - L’angolo letterario

L’angolo letterario

Nuova rubrica dedicata ai pipatori scrittori o poeti


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Si sa, il fumatore di pipa è un po’ genio, un po’ filosofo, un po’ artista, pensatore, incline alla lussuria ed alla crapula, forte bevitore nonché facondo affabulatore (fors’anche un tantino rompiballe) in una parola: estroso…

Sicché era inevitabile che qualche appartenente alla categoria prima o poi approdasse allo scoglio della fama imperitura affidando ai tipi di una qualche mecenatesca casa editrice la propria opera, quando non anche ad intrattenimenti di non meglio identificati caffè letterari siti nelle lande avite del nostro eroe, ove si indulge in libagioni più che ad altro (visto che è vietato fumare).

Con la recensione dell’opera del nostro Paolo Borzi, pilastro morale nonché maestro pipatore della più bell’aria, che orgogliosamente ci vantiamo di annoverare tra gli appartenenti più illustri della nostra allegra confraternita, si inizia quindi questa rubrica la quale intende rendere omaggio a quell’ingegno che serpeggia infido ma fecondo tra le nostre fila.

C’è da dire che già parecchie lune or sono, tenendo conto delle notevoli doti artistiche letterarie, filosofiche, poetiche nonché massimamente umoristiche di diversi tra i nostri adepti, s’era tentato di aprire una finestra letteraria nel nostro spazio virtuale ma ahimè, come spesso accade, non se ne fece di nulla. Riteniamo ora inevitabile - ora che il genio profuso nei versi alati del Borzi ha visto le stampe – e quindi non ci esimiamo dal doveroso incarico, di elevare al rango che gli compete tale sforzo, peraltro coronato dal giusto successo di pubblico e di critica (credo).


libro
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Il trivio dell’innocenza

(percorso poetico in tre sentieri)

Edizioni Lepisma – collana di poesia “La Farfalla” – pagg. 82 – euro 12,00

di Paolo Borzi (in arte pipatoria “Borpa”)

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Sei come Maggio Tu, fanciulla altera

Ma soffice; custode di tesori

Riposti gentilmente, come a sera

Lo sono in certe anime i dolori.

Fiore tu sei d’estiva primavera

Che lacrima un sorriso di colori.

Tu sei del Maggio i bei tepori arcani;

Tu, la Fanciulla dalle eccelse mani.”



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Prologo

Questa la dedica che introduce per i sentieri accennati nel sottotitolo, intricati percorsi animici apparentemente privi di punti di riferimento, offrendo una chiave di lettura che, come sicuro nocchiero, ci guida – una mano nella mano e l’altra sul cuore – verso la Luce. Io ci ho pianto.

Come ogni figlio di Maria essa è offerta dolcemente alla Madre, come ogni poeta Egli invoca la sua Musa. Cristiano e insieme pagano è l’animo che affronta la procella dei sentimenti, ma pur sempre un fervore sacro lo pervade. L’amore e il dolore, la dolcezza e la mestizia tingono di porpora tenue un tramonto “ciliegiato” di bacche “corallo e arancio”.

Offerta ed invocazione: come meglio iniziare un Opera, qualunque essa sia? Come gli Antichi, un misto di devozione, gratitudine e timor di Dio pervade questi otto versi perfetti, oliati dalla metrica, accarezzati dalle belle rime.

È l’Ottava Rima, infatti, la Musa che ispirerà i suoi versi alati. Chi non conosce il poetar del Borzi in questa lista, i gustosi ed estemporanei duetti con gli altri avventori, l’invettiva nel contrasto poetico improvvisato nei virtuali convivi della nostra taverna pipesca? Il tutto nel più perfetto stile tradizionale dei poeti a braccio, splendidi artisti da osteria nei quali lo spirito poetico si è incarnato attraversando i millenni, nelle lande centrali della nostra terra.

Dai carmi latini, ove la musica era elemento costitutivo, ai canzonieri nuovi, dai ricercari dei trovatori agli stornellatori in rima, da Dante a Boccaccio, dall’Ariosto al Tasso (e per non dire di un bicchier di rosso/ sorbito appunto tra un arrosto e un lesso) sempre la poesia ha dato voce ai nostri sentimenti. Essa è il linguaggio dell’anima la quale, come è noto, si esprime in versi mentre lo Spirito – si sa - predilige la prosa elegante: chi non ha mai dedicato qualche verso all’amata?

Quello che si riversa nelle ottave di Paolo è Amore, questo è fuor di dubbio e si sente, il resto lo conosciamo: è lui, in quelle righe c’è il Paolo che conosciamo e che amiamo per la sua umanità e per la sua forza. Mancano le ”j”, le “ch” e i “th”, forse per esigenze di comprensione e di stampa, o forse quando descrive l’epopea del “Corbezzolo ciliegiato” ai più ben nota, lo spirito lucumonico non si era ancora realmente incarnato nella sua essenza.

Abitato dall’etrusco alato (un nibbio, un falco pellegrin, un “Occhione”?), che forse già in ottava si esprimeva, acquista il vezzo dell’arcana lingua i cui suoni scavalcano gli eoni… ecco, la cosa è contagiosa assai e parlandone l’ottava misteriosa, già esistente nelle sfere ctonie, discende nella gola del dicente, ch’opporsi a lei giammai si fe’ capace…

Contesto

Nel primo sentiero si contempla l’autodistruzione: in cinque canti struggenti si descrive l’epopea del “Bricci”, che attraversa la sua breve e periferica vita, tenendosi con una mano all’amore, l’altra alla morte. Nel secondo sentiero è la nostalgia a filare la trama del ricordo, elemento dopo elemento snocciolato come tessere di un mosaico del cuore. Nel terzo, virando la lingua dal verso ad una prosa quasi poetica, si sgrana il rosario dei “Corbezzoli”, arbusto di macchia sacro al “Borpa” come sappiamo, che sono la mistica “ciliegiata” di Paolo nel suo peregrinare nei luoghi ove la sua anima prende forza.

È lì, nei crepuscoli delle pievi maremmane, nei deserti di lande bruciate dai resti della modernità - cupi cumuli di “monnezza” che non oscurano le aurore del cuore – che l’anima del Poeta, “doppiamente opposta” ad ogni moto del corpo e dello spirito, si fa nuda sponda tra il sentire e il vivere, in un’alternanza ben descritta nella bella prefazione del libro.

Chi ha la fortuna di conoscere Paolo Borzi si rende immediatamente conto di essere di fronte a un ossimoro vivente. Nel suo sguardo si alternano repentinamente la luce e il buio, il furore e la dolcezza, la tempesta e la tenerezza, si contrastano mondi lontani, l’effimero e il duraturo, l’eccelso, il sublime e la quotidianità… Paolo è un personaggio che vive il dissidio della parola attimo per attimo, anche quando discute del più e del meno; è uno che conosce la potenza delle sillabe, il loro inferno e il loro paradiso…” (Dante Maffia)

Il Trivio dell’innocenza non è solo un triplice cammino (Corpo, Anima e Spirito?). Con esso si accenna alla dualità delle cose, alla polarità dei sentimenti (l’oscurità e la luce) che, con il suono di un ossimoro, appunto, allude alla bassezza di una materia “ingrottata” nei tombini di una periferia dell’anima, sposata con la purezza di un cuore “paraorecchiato” ed eternamente fanciullo che ne sublima la quintessenzialità ad essa potenzialmente ascritta (immagino che non si sia capito molto, ma quello era appunto lo scopo). È la Poesia, anche se espressa in prosa, che elabora la pura emozione e, attraverso il linguaggio – potente strumento del pensiero –, ascende al divino.

Epilogo

Vi trovai un taschino per la Pipa e ve la infilai ancora tiepida, prima di ridiscendere mediante un sentiero mai visto prima.”

Leggere le sue parole è come riporre la pipa tiepida in quel taschino che riposa sul cuore di ciascuno di noi. L’invito è ad unirsi ad Egli nella lettura e, soprattutto, nel ritrovato sentiero dello Spirito.


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Omaggio in ottava rima di stile cerimoniale


Vedesi il Borpa, colla pippa in bocca,

Aggirarsi taciturno per le brume.

Come una freccia che dall'alto scocca

Va il suo pensier a rischiararne il lume.

Sì come mescesi il vino dalla brocca

Al fin che del dolor non senta acume,

Vola favella sua per l’aria tersa,

Ché del rigor sentir non puoi la sferza.



ric  Riccardo Astengo

borpa